Potessero opporsi alla guerra
muraglie di fiori sui balconi
a Kharkiv,
e tra file d’eserciti d’erba
guarnire giardini;
farsi scudo di pace
sul corpo celeste,
e su un padre e una madre
disarmati e dispersi
in un punto nascosto:
dove morte non è,
ma nemmeno più vita.
Mentre bombe di pixel e inchiostro
fanno stragi immediate
d’intimità.
Con che forza può sorgere il sole
a Kharkiv, con che occhi la luna
affacciarsi sgomenta
in un buio distinto dal cielo
e ferito dal tuono
senza il fioco splendore di un’alba.
Pioverà notti e giorni a Kharkiv:
prima schegge e macerie,
franeranno le nubi,
e poi piano,
e poi forte,
un battesimo d’acqua;
nascerà ardente il fiore
oltre il vetro incrinato,
dentro l’aria rinchiusa,
ritrovata, la casa.
Di là intanto,
centomila ampi passi a occidente,
nel viavai stralunato di treni,
una giovane donna e il suo piano
inchiodati imperterriti al suolo;
così ardite e danzanti, le dita:
il prodigio del suono
è una bolla che lieve si muove nell’aria;
ogni corpo che trova carezza
e trapassa,
sicura.
Immagine in evidenza: Eugenia Loli
Il prodigio del suono e della poesia. Molto bella. Un caro saluto
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Ti ringrazio Cipriano, ben trovato qui
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