La trentasettesima estate

fu il cielo nero di città accecanti
un mare ossidiana spenta;
le stelle, sepolte di terra
ma vive impazzite
fremevano il suolo;
fu un lento novilunio
senza un faro di luna e d’ombra
a guardarsi intorno, e laggiù
una barca ubriaca.

Talvolta, un’onda
spargeva sprazzi di luce bianca
gabbiani sciavano il nero
come dolci aeroplani;
poi un volo fulmineo d’alici d’argento
e il trionfo d’un pesce impensato
in un arco sull’acqua.

Fu socchiudere gli occhi e affidarsi
all’istinto e al vento
e nel breve spiraglio di veglia
avvistare quell’onda e vedere
forse mai così chiaramente
l’altro volto – il più segreto – della vita
nel suo lento farsi luna.


Immagine in evidenza: Moonassi

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