Remavo in acque stanche
di vedermi
andare in tondo.
Tu già lo sai, ma poi ho spaccato
piano il cerchio,
esteso il raggio all’infinito
ridisegnando un altro tratto,
il più possibile una retta:
quella la rotta
in cui ho deciso di viaggiare.
Nessuna riva si scorgeva
in mezzo al mare
– non importava di arrivare –
solo una voce mai sentita
e che ho provato – finalmente –
ad ascoltare.
Una sirena? Il cieco istinto?
Oppure solo il mio volere,
per una volta – a dirmi basta,
adesso andiamo –
il mio volere.
E con la leva ritemprata
il volto acceso all’orizzonte
il vento buono ed io la vela
– un’avventura –
e la paura, sì, ma una paura
assai diversa, quasi bella,
di quando scopri com’è andare
e la fiducia ti attraversa
e tu sei lì che occhieggi fiero
fianco a fianco.
E invece adesso che succede?
Cosa respinge la mia barca
ancora al punto di partenza?
Il vento soffia come un drago
tu te ne vai la vela è rotta
e c’è una pioggia fitta d’aghi
minutissimi e pungenti
che mi riporta crudelmente
verso il noto.
E il mio volere? Che fine ha fatto
in questo andare il mio volere?
E la fiducia?
Perché anche lei sembra
che mi abbia abbandonato?
Così in quest’acqua mi dibatto,
e tu che vedi da laggiù
se non quel cerchio
che ora sembra il ghirigoro
di un errare spaurito
– e il mare calmo –
ché se lo guardi da lontano
è sempre calmo il mare
da lontano…
Però se guardo anch’io di fuori
da me stessa
– la vela è intatta –
e come te – ancorato qui –
non vedo altro che sereno.
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Immagine in evidenza: Hellicopter